Se dovessi dire una frase che racchiude le mie esperienze di volontariato direi: “E tu? Chi vuoi rendere felice per essere felice?“.
Sono Chiara, ho 24 anni e non sono mai stata un asso nel prendere decisioni. Anche nel periodo della scelta dell’università ero l’immagine l’eterna indecisa: non sapevo dove mi sarei vista nel mio futuro, non sapevo quali erano i miei obiettivi e questa situazione è continuata anche dopo aver intrapreso il percorso universitario, non sapevo se fossi convinta della scelta e volevo capire se stessi percorrendo la “mia” strada giusta. Così, un po’ per caso e un po’ per fortuna, ho avuto la possibilità di prendere la decisione che si sarebbe rivelata la migliore che potessi prendere in quel momento: partire per un’esperienza in missione.
Non avevo aspettative ma pensare che finito il primo anno accademico sarei partita per un’esperienza completamente nuova mi aiutava ad affrontarlo. Dopo la sessione sono partita per il Messico, vicino al lago di Chapala, nello stato di Jalisco.
Non è semplice spiegare agli altri cosa mi spinge a partire e non è semplice rispondere alla domanda “ma cosa vai a fare?“. Qualche volta non è il “fare” che si trova al centro dell’esperienza, è l’esserci, l’osservare, il mettersi in gioco, il conoscere luoghi e l’incontrare persone e imparare a conoscere meglio anche sé stessi.
In Messico facevo attività in una casa-famiglia con minori vittime di violenza, orfani o che hanno subito l’abbandono da parte delle loro famiglie. Insieme abbiamo giocato, chiacchierato, fatto lavoretti, ma soprattutto abbiamo condiviso dei momenti insieme. In questi attimi guardavo i miei piccoli compagni di avventura e mi chiedevo come riuscissero ad avere dei sorrisi così raggianti e come riuscissero a fidarsi ancora dopo quello che avevano vissuto. Mi chiedevo anche come fosse possibile che io, a migliaia di chilometri da casa, in un luogo sconosciuto e con persone sconosciute potessi sentirmi in un ambiente familiare. Mi sono accorta di essere felice!
La felicità dei bambini era contagiosa, vederli stare bene e passare dei momenti lieti mi rendeva felice e soprattutto mi sono ripromessa che non avrei voluto dimenticare queste mie emozioni una volta tornata a casa.
Tornata in Italia, entusiasta della mia esperienza ho continuato gli studi in cooperazione e dopo il periodo del covid sono partita per un’altra missione, questa volta in Argentina. Altri bambini con cui giocare, altre storie da ascoltare, altre persone che sono diventate parte della mia famiglia, altre emozioni uniche che, mi ripeto ancora una volta, non voglio dimenticare quando torno in Italia.
Queste esperienze sono state stupende, ma ciò che le accomuna e mi è rimasto più impresso è stata la serenità che ho vissuto durante tutto il periodo e ciò che provo nel ricordarle. E mi sono chiesta “cos’è la felicità per me?
Non sarebbe bellissimo vivere sempre con questa emozione e con questa serenità?”. Proprio nel chiedermi questo ripenso ai piani che mi ero fatta per concludere gli studi e per il futuro e mi rendo conto che non voglio aspettare per fare un’altra esperienza, voglio farla il prima possibile. Ed eccomi a scrivere dall’Angola. L’Africa non era nei miei programmi, ma le cose migliori succedono sempre quando non ce lo aspettiamo. Qui partecipo alle attività con i ragazzi in situazione di strada, una realtà che non avrei mai potuto immaginare: l’odore della gasolina o di liamba che loro usano come stupefacenti, le condizioni igieniche, le carenze e i problemi che ci raccontano ma poi ci sono anche le loro storie che ascolto seduta per terra, gli scherzi, le risate, i balli e i canti. Non sempre è importante il contenuto dei nostri discorsi, piuttosto l’esserci il anche solo per passare del tempo insieme, condividere un pezzo del cammino della vita. Questo rappresenta anche il volontariato per me: esserci.
Vivere le esperienze di volontariato non è sempre semplice, più di una volta ho pensato che sono lontana da casa, che ho lasciato amici e famiglia, che non ci sono mentre mia sorella cresce, che non posso festeggiare i traguardi o semplicemente i compleanni dei miei amici, che loro hanno più foto con la mia foto che con me in carne e d’ossa. A volte è difficile anche tornare a casa, riadattarsi, raccontare è complicato. A volte mi sono chiesta perché ho preso questa decisione, ma finché la risposta è che questo mi rende felice so di essere sulla mia strada giusta.
E anche se a volte mi chiedo quale sia la mia casa e quale sia la mia famiglia so che non ho più solo una casa, ma ogni luogo in cui sono stata è un po’ casa perché ho incontrato delle persone che lo hanno reso tale diventando parte della mia grande famiglia.